Strategie
di sopravvivenza
Nel
corso della evoluzione, i canidi hanno optato per tre tipi di strategie
di sopravvivenza:
per meglio dire, la selezione naturale ha spinto alcune specie a rimanere
solitarie ed altre a cooperare per sopravvivere, in funzione dell’ambiente
e delle risorse alimentari disponibili.
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La
volpe è un esempio di cacciatore solitario che subito dopo
il periodo degli accoppiamenti torna alla vita individuale,
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lo
sciacallo è invece un predatore che vive in nuclei familiari
ristretti, composti da padre, madre e prole; quando i figli crescono
piano piano vengono allontanati, mentre i genitori di solito stanno
insieme per tutta la vita.
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I
lupi e i licaoni sono infine animali di branco, che vivono cioè
in gruppi molto allargati, all’interno dei quali i membri condividono
le risorse alimentari, si ripartiscono i compiti e cooperano attivamente
per svolgere tutte le funzioni legate alla sopravvivenza.
Via
via che si passa dalle specie solitarie a quelle sociali si osserva che
l’abilità di comunicare fra conspecifici si accresce, aumenta il
numero delle espressioni facciali e quello delle posture del corpo devolute
alla comunicazione, come pure si incrementa la capacità di regolare
i conflitti in modo incruento fra i membri di uno stesso gruppo. La volpe,
per esempio, ha a disposizione molte meno espressioni, nella comunicazione
sociale, rispetto allo sciacallo, che a sua volta non possiede tutti i
raffinatissimi schemi comunicazionali presenti nel lupo.
Il
cane - che ha a comune con quest’ultimo gran parte del patrimonio ereditario
- è anch’esso un animale di branco programmato per utilizzare precisi
segnali di comunicazione e per comprendere i messaggi inviati dai suoi
simili, e con il processo di addomesticamento, anche quelli trasmessi
da noi esseri umani.
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